MIRACOLO A MILANO
(siti Internet)
REGIA: Vittorio De Sica
Anno 1951
Durata 94'
Nazionalità Italia
Genere Commedia di Fantasia
Soggetto Tratto dal romanzo "Toto' il buono" di Cesare Zavattini
Sceneggiatura Cesare Zavattini, Vittorio De Sica
Fotografia Aldo Graziati
Scenografia Guido Fiorini
Musiche Alessandro Cicognini
Trucchi NED MANN
Attori Francesco Golisano (Toto')
Emma Gramatica (La vecchia Lolotta)
Guglielmo Barnabo' (Mobbi)
Brunella Bovo (Edwige)
Arturo Bragaglia (Alfredo)
Paolo Stoppa Rappi


TRAMA
Una buona vecchina, la signora Lolotta, trova un giorno sotto un cavolo un bel bambino, lo prende con sé e gli fa da mamma. Quando Lolotta muore, il bambino, Totò, viene ricoverato in un orfanotrofio. Ne esce giovinetto e il caso lo mette a contatto con un gruppo di poveri, accampati in una zona abbandonata della periferia milanese. Con la sua profonda bontà Totò si conquista le generali simpatie, esercitando un'influenza benefica sui suoi nuovi amici. Un getto di petrolio esce un giorno dal terreno abusivamente occupato dai poveretti: avutone notizia, il ricco industriale Mobbi acquista il terreno e per cacciarne gli occupanti, ottiene l'intervento della forza pubblica. Invocato da Totò, lo spirito di Lolotta scende dal cielo e consegna a Totò una bianca colomba. Col suo aiuto Totò compie i miracoli più sorprendenti: i poliziotti sono sbaragliati e i poveri vedono esaudito ogni loro desiderio. Ma presto la pace viene interrotta….

CRITICA E PREMI
La critica, Moravia e Flaiano inclusi, non accettò l'apparente evasione, non volle entrare nel giuoco allusivo della fantasia zavattiniana. Ma che voleva quel Totò, interpretato da quel " pinocchio carnoso " di Golisano che continuava a gridare buongiorno a tutti? Il film, invece, fu accolto in Francia, malgrado qualche sporadico rifiuto, con grande entusiasmo. Il suo messaggio di bontà mista a ironia, la feroce satira combinata con gli elementi tradizionali del racconto fiabesco, gli valsero nell'aprile del 1951, al Festival di Cannes, il Palmares, 'ex aequo' con “Mademoiselle Julie” di Sjoberg, ed il Fipresci, premio della critica. C'è da tener presente che in quella stessa edizione concorrevano opere come “Los Olvidados” di Luis Bunuel ed “Eva contro Eva” di Joseph Mankiewicz. Vsevolod Pudovkin disse che il film conteneva tutta la forza del cinema muto, Jean Cocteau affermò che, oltre al cinema di Charles Chaplin, non si era mai vista un'opera di tanta importanza, Orson Welles tolse la parola a René Clair che definiva il film essenziale, parlando di magistrale regia... Il film ricevette anche altri riconoscimenti importanti come quello della giuria di New York

NOTE
Miracolo a Milano è il film più "Zavattiniano" di De Sica. A differenza dei precedenti Sciuscià e Ladri di biciclette, la personalità dello scrittore e sceneggiatore emerge prepotentemente, manifestandosi nella vena surreale e favolistica. In questo, che può essere considerato il film che conduce il Neorealismo ad una trasformazione, emerge l'importanza della metafora; si ricorre al miracolo ovvero al fantastico per parlare della realtà. Ed è evidente allora la svolta che subisce questa corrente cinematografica: l'osservazione si è deformata sotto il peso di una magia che non vuol più rispettare la cronaca ma piegarla alle sue esigenze. Si vuole cambiare la realtà. Alcune notizie storiche possono aiutarci a capire il clima in cui il film fu concepito: l'evasività, il suo essere favola negativa può essere giustificato con le reali condizioni italiane del 1950. Il riflusso reazionario provocato dalla "guerra fredda", determina una "defigurazione" creativa. E' emblematico che a condurre il Neorealismo verso nuove forme filmiche sia una delle coppie fondatrici di tale corrente: De Sica-Zavattini; i cineasti giungono a ricorrere al miracolo come all'ultima spiaggia.

VITTORIO DE SICA
Vittorio De Sica nasce a Sora nel 1901, trascorre la sua infanzia e l’adolescenza a Napoli. A ventidue anni debutta in teatro, nella compagnia della Pavlova. Nel 1933 con sua moglie Giuditta Rissone, attrice comica e maliziosa, e Sergio Tofano, fonda una sua compagnia teatrale. Si specializzano in repertori brillanti. Mettono in scena pièce come Il matrimonio di Figaro di Beumarchais e, per la regia di Luchino Visconti, I giorni della nostra vita di William Saroyan. Nel 1926 inizia la sua avventura cinematografica, e in pochi anni si afferma nelle parti dell’uomo conquistatore, elegante e galante, protagonista assoluto delle commedie cinematografiche dell’epoca, garbate e divertenti come Gli uomini che mascalzoni! del 1932 e Grandi Magazzini del 1939. La sua regia di commedie romantiche conferisce un tocco di classe unico alle vicende di Rose Scarlatte, 1940, Teresa Venerdì del 1941 e Un garibaldino al convento, 1942. Importante per la sua maturazione artistica è l'incontro con lo sceneggiatore Cesare Zavattini: soprattutto nelle produzioni del dopoguerra. Nascono capolavori come Sciuscià del 1946, spietato ritratto suii bambini abbandonati e due anni dopo Ladri di biciclette, descrizione cruda della realtà dei disoccupati premiata con un Oscar speciale, non essendo ancora in vigore quello per il Migliore Film Straniero. Miracolo a Milano del 1951, favola nella realtà, e Umberto D dell'anno successivo: storia di un pensionato. La capacità di denuncia sociale è coniugata nel suo cinema con capacità narrativa in grado di realizzare affreschi popolari come L'Oro di Napoli del 1954 o il capolavoro drammatico, che vede protagonista una straordinaria Sophia Loren, La Ciociara, del 1960. Il successo continua con Pane amore e fantasia del 1953, Il giudizio universale del 1961, Matrimonio all'italiana del 1964, Il giardino dei Finzi-Contini, con il quale si aggiudica un altro Oscar nel 1971, fino alla sua ultima opera Il viaggio del 1974.