SWEET SIXTEEN (Dolci Sedici anni)
(fonti: cinemah; acec Biblioteca “G.B.Amico)
Genere:Drammatico
Regia: Ken Loach
Interpreti: Martin Compston (Liam), Michelle Coulter (Jean), Annmarie Fulton (Chantelle), William Ruane (Flipper), Gary McCormack (Stan), Tommy McKee (Rab). Nazionalità: Gran Bretagna
Trama: A Greenock, cittadina lungo il fiume Clyde non lontana da Glasgow, il giovane Liam sta per compiere 16 anni. Mentre Chantel, la sorella più grande, é una ragazza madre che sta cercando con fatica di darsi una vita un po' più equilibrata, la mamma Jean é in prigione per storie di droga, mentre Stan, il suo nuovo compagno, spaccia nel quartiere e il nonno é costantemente irritato, offensivo, volgare. Visto che il suo compleanno e la scarcerazione della mamma sono nello stesso giorno, Liam vorrebbe preparare una sorpresa. C'é però bisogno di soldi, e allora Liam e alcuni amici…
Commento: Ai figli della classe proletaria non viene concessa alcuna possibilità di riscatto o di liberazione da quel microcosmo, in cui Ken Loach da sempre imprigiona i suoi personaggi, vittime condannate a restare ai margini di una società, che da tempo ha azzerato la solidarietà e la ricerca condivisa di un ideale per il quale valga la pena lottare.
L'amarezza del film consiste nel descrivere una condizione lavorativa che, pur allontanandosi dal rispetto per se stessi, riconosce ed esalta la retorica della fatica per stimolare la volontà di far carriera. Liam ha come traguardi quegli stessi che popolano la fantasia di un lavoratore normale, il quale desidera una casa, una macchina, una televisione e al contempo la serenità familiare. Ma dimostra astuzia e spirito d'iniziativa in perfetto stile imprenditoriale.
E’ qui una nota interessante: gli ideali del liberismo economico vengono trapiantati nel mondo della disoccupazione e del degrado sociale, e qui, come in una alchimia malefica, producono un’economia realmente produttiva, quella degli ambienti della malavita: così viene sviluppata l’equazione dello sviluppo naturale della disoccupazione in delinquenza dentro l’humus post-tacheriano del liberismo economico.
L’ultimo Ken Loach: un pedagogo
Per essere un film di Loach Sweet sixteen” si carica di elementi fortemente simbolici (una ciminiera, un fiume, la pizza).
Ma anche la presenza di un coltello, che attraversa tutto il film: un oggetto capace, come nel cinema surreale (Cfr. il “nostro” film bunueliano L’angelo sterminatore), di assumere significato metaforico e che scandisce i momenti del progressivo sprofondare di Liam nell’amara maggiore età (i 16 anni).
In un rapporto ambiguo fra destino e conoscenza il film assume così i toni di una tragedia moderna che “vuol fare guardare per non fare imitare”.
Sweet sixteen costituisce una novità rispetto agli altri film di Ken Loach, in cui non vi erano lezioni da imparare e in cui l'autoreferenzialità del microcosmo filmato aveva il sopravvento sul messaggio da cogliere e interiorizzare.
Quest’ultimo film, invece, si carica piuttosto della valenza didattica di un romanzo di formazione che, nel caso specifico, indaga il progressivo accentuarsi del disagio giovanile, senza cedere né alla retorica, né a false commozioni: è quello di Loach un cinema aderente alla realtà, senza essere neorealista (cfr. il “nostro” Miracolo a Milano) e nemmeno dogmatico (cfr. ancora Buñuel, Bergman, e oggi i film di “Dogma”, la scuola di cui è iniziatore Lars von Trier).
Il protagonista: Liam
Riferisce lo sceneggiatore Paul Laverty che "...la genesi di 'Sweet sexteen' risale alla lavorazione di 'My name is Joe': dozzine di personaggi reclamavano attenzione e ognuno gridava 'scegli me!'...c'era un personaggio che non voleva rassegnarsi a scomparire. Pretendeva la nostra attenzione. Quel personaggio era Liam". Un sedicenne dunque e il suo disperato tentativo di rimettere insieme i pezzi di una famiglia disgregata ma che é pur sempre la 'sua' famiglia. Se per raggiungere questo obiettivo vengono messe in atto altre azioni criminose, è perché non ci sono altri strumenti per cambiare. Liam si ribella al male diventando strumento di altro male.
Il giovane Liam è vittima di una disoccupazione che vede la sua come terza generazione: Il punto è – dice Ken Loach in una intervista - che in Gran Bretagna non c'è una vera educazione al lavoro. I corsi di formazione sono, il più delle volte, una formalità nella quale non crede nessuno, e i contratti che vengono offerti ai giovani sono spesso inaccettabili. Facendo il casting abbiamo incontrato molti ragazzi che avevano già fatto i più disparati corsi di formazione, da elettricista, da falegname eccetera. Ma il lavoro manca e perciò sono sempre rimasti disoccupati. Una volta ho chiesto ad uno di loro quali fossero le sue speranze per il futuro. Mi ha risposto: "Speranza? Che cos'è la speranza?". Per l'appunto mi sembra che in "Sweet Sixteen" non debba esserci speranza…Credo che prima di cominciare a parlare di speranza si debba riuscire a capire bene come stanno le cose, perché non c'è niente di peggio della falsa speranza. Mi sembra in ogni caso che in questo film ci siano gli istinti positivi di questi ragazzi, che ancora non sono cinici e induriti. Credo che lavorare con persone come Liam porti a scoprire dei comportamenti davvero positivi. Tra questa gente ci sono dei veri eroi, persone tenaci che lottano con tutte le loro forze per tenere insieme e mandare avanti quella comunità nella quale vivono e alla quale appartengono, anche se si tratta di una comunità economicamente molto degradata.
Quello che abbiamo notato è che tra i ragazzi cresciuti negli orfanotrofi o in situazioni caotiche c'è sempre un commovente tentativo di giustificare la madre. Lo abbiamo costatato parlando con i ragazzi stessi e ci è stato confermato con quelli che lavorano con loro. Questa storia è la presa di coscienza di Liam che scopre che sua madre non prova ciò che lui desidererebbe. Ma è anche la tragedia di una madre che non ha la forza di essere ciò che il figlio si aspetta da lei, e non ne è capace perché a sua volta è cresciuta in una famiglia disgregata. Anche se non è automatico che le difficoltà economiche causino la distruzione di una famiglia, è anche vero che in comunità come queste, le difficoltà sono davvero molte, e influiscono abbastanza sui nuclei familiari.
L’attore che impersona Liam è lui stesso un piccolo eroe alle prese con la situazione descritta nel film: dilettante, senza alcuna formazione drammatica, riesce con assoluta spontaneità a dare spessore al suo personaggio. Il ragazzo-attore, un non professionista, proprio nel periodo in cui è stato scelto per la parte di Liam era stato contattato anche da una squadra di calcio. Avrebbe potuto diventare calciatore professionista, ma ha preferito interpretare questo film.
Sweet sixteen: un film censurato
In Inghilterra la censura ha vietato il film ai minori di 18 anni. Ecco l’amara spiegazione dello stesso Ken Loach: “La motivazione è che è stato usato un aggettivo con tono aggressivo nei confronti di un bambino. Il bambino è Liam stesso, quindi il problema è che all'inizio del film non aveva ancora compiuto 16 anni. Se al contrario avesse già avuto quell'età il film avrebbe potuto essere tranquillamente visto dai suoi coetanei. C'è da dire che questa parola è molto comune tra gli adolescenti e se ci si avvicina ad un campo di calcio di qualsiasi scuola secondaria la si sente ripetere centinaia di volte. Mi sembra davvero il massimo dell'ipocrisia concedere visibilità a scene di violenza durissima e censurare il linguaggio come se esso potesse corrompere la purezza dei giovani. Tanto più che molte organizzazioni sociali ci hanno più volte ripetuto che per poter essere accettati dai ragazzi per poter comunicare con loro bisogna usare il loro stesso linguaggio. Il film è uscito anche in Francia e in Spagna, ma lì non ci sono stati problemi con la censura.